Non tutti lo sanno, ma può essere la banca a decidere autonomamente di chiudere il conto corrente di un cliente, ecco quando.
Nessuno di noi può ormai prescindere dall’avere un conto corrente, utile non solo per l’accredito di stipendio o pensione, ma anche per gestire eventuali risparmi e pagare le varie spese. E’ anche per questo che tanti scelgono l’addebito diretto per i costi fissi che devono essere sostenuti, così da evitare di dimenticare le scadenze e incorrere situazioni poco piacevoli.
Non tutti gli istituti di credito offrono le stesse condizioni, per questo spesso valutano le varie proposte disponibili, per poi optare per quella che si ritiene soddisfi meglio le proprie esigenze personali. Riuscire a instaurare un rapporto di fiducia tra le parti è determinante e permette di sentirsi più tranquilli, non a caso se dovessero emergere problemi ci si guarda intorno e si pone fine a ogni rapporto. In realtà, può essere la banca stessa a decidere di farlo se si verificano alcune condizioni ben precise, anche se non tutti ne sono a conoscenza.
Ritenersi insoddisfatti del modo di agire della propria filiale può essere una sensazione comune, a volte questo può avvenire perché si è fatta una richiesta che non è stata esaudita o anche semplicemente quando uno degli operatori non si dimostra così accomodante come si vorrebbe. In casi simili c’è chi prova a sopportare, chi invece ritiene inaccettabile la situazione e inizia a guardarsi attorno in cerca di soluzioni migliori. Le alternative sul mercato fortunatamente non mancano, anzi a volte ci sono offerte ad hoc per i nuovi clienti, per questo lasciare tutto e andare altrove non è poi così difficile.
A volte però può accadere anche l’esatto contrario, ovvero può essere la banca a non essere più interessata a proseguire la collaborazione con il cliente e a chiudere in automatico il conto corrente. Una circostanza come questa potrebbe sembrare assurda, visto che si tende a pensare che ogni istituto di credito voglia avere una bella nomea e desideri avere il maggior numero di utenti che gl affidano i risparmi, ma non è poi così impossibile.
E’ necessario fare riferimento all’articolo 1845 del Codice Civile, secondo cui la banca può recedere dal contratto di conto corrente a tempo indeterminato in qualsiasi momento, senza bisogno di preavviso. Questo può accadere però solo se in caso di giusta causa, derivante dal comportamento della controparte. Il recesso sospende l’utilizzo del credito e ha effetto immediato, ma si concedono 15 giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori.
Ma in quali casi si può parlare di giusta causa permettendo alla banca di sentirsi legittimata ad agire in questo modo? Questo può avvenire, ad esempio, se l’intestatario è oggetto di un’indagine da parte della Guardia di Finanza o della magistratura, volta ad accertare se abbia commesso un reato che può influire sulla sua liquidità o se si teme che possa andare incontro al sequestro delle somme in suo possesso. In una situazione simile la chiusura del conto corrente può essere con effetto immediato e senza preavviso.
Ulteriori precisazioni a riguardo sono poi arrivate dalla Corte di Cassazione, secondo cui può essere consentito agire in qusto modo se il correntista si ritrova in modo quasi costante con il conto in rosso, situazione che non dà quindi idea di stabilità. Si può evitare questo solo se lui dovesse dimostrare il contrario. Non basta però l’esistenza di debiti verso alcuni creditori, ma serve dimostrare di non riuscire a recuperare il proprio credito.
A questo si può aggiungere inoltre un altro comportamento che non è considerato indice di affidabilità, ovvero quando più volte si supera il limite di affidamento concesso. A sorpresa, invece, la banca non può chiudere il conto unilateralmente in seguito alla morte del correntista, sono gli eredi a poterlo gestire. Si può al massimo congelare le somme depositate e impedire ogni prelievo finché non viene depositata la dichiarazione di successione.
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