La funzione degli insegnanti nella lotta al bullismo psicologico

I casi di cronaca parlano chiaro: il bullismo psicologico rappresenta un problema concreto, mai così attuale e mai così difficilmente classificabile, con l’utilizzo dei social network e dei moderni sistemi di messaggistica istantanea. Nonostante dare una precisa connotazione al fenomeno risulti complicato, la comunità scientifica concorda nell’identificare il bullismo come un qualsiasi genere di comportamento offensivo e/o aggressivo, attuato ripetutamente e volontariamente da un singolo o da un gruppo allo scopo di esercitare potere o controllo sulla vittima.

 

La definizione – data da Dan Olweus nel 1996 – prevede dunque che il comportamento sia intenzionale, sistemico e che crei un disequilibrio di potere tra le parti coinvolte. In questa forma disfunzionale di atteggiamento sociale, subentrano altri attori, tra cui il leader, i gregari, che incoraggiano il bullo e compiono azioni indirette, chi prende le difese della vittima e gli spettatori neutrali, che osservano il comportamento disdicevole senza però intervenire.

 

Bullismo psicologico: in che cosa consiste e perché è più difficile da cogliere

I soprusi avvengono normalmente all’interno del contesto scolastico o comunque dove sono frequenti contatti tra pari, recentemente però i confini si sono fatti via via sempre più labili, allargandosi anche alla sfera lavorativa, familiare (mobbing) e web (cyberbullismo). Oltre a dirette vessazioni verbali e fisiche, esistono manifestazioni più sottili, che vanno a nuocere l’aspetto intimo: rientra in questa casistica il bullismo psicologico. Spesso impercettibile dall’esterno, anche per le persone molto vicine (genitori inclusi), se non viene identifica in tempo può generare conseguenze drammatiche.

 

Sebbene meno evidenti, gli attacchi causano talvolta profonda sofferenza, tale da rendere la vittima incapace di denunciare i torti subiti, una situazione frequente soprattutto tra le ragazze in età scolastica. Il bullo diffonde calunnie sull’offeso fino a fare “terra bruciata attorno”, escluso dal gruppo e incapace di stringere relazioni con gli altri. Anche qui l’azione è reiterata e fa sentire la persona in estremo difetto, a tal punto da motivare il danno con proprie carenze fisiche, cognitive o di altro genere. L’impatto del bullismo psicologico è forte e grave: intacca l’autostima, la fiducia nel prossimo, compromette i legami di amicizia fino all’emarginazione sociale e a disagi più complessi.

 

A causa del malessere provato, la vittima può esprimere riluttanza nel frequentare la scuola oppure luoghi che non siano il contesto familiare, accusare ansia, attacchi di panico e disturbi alimentari, sentirsi spesso demoralizzata o veramente depressa. Purtroppo, la rete è uno strumento molto pericoloso se sfruttato in malo modo, dai post e gruppi diffamatori sui social alle chat su WhatsApp, amplia la rete dei gregari, non lasciando pace per un solo momento la vittima, facendola sentire continuamente bersaglio.

Le cause del comportamento di bullismo

Ma qual è la molla che spinge il bullo a comportarsi così? Il bisogno di affermazione, autonomia e popolarità, sostanzialmente la volontà di autoaffermarsi e compiacere il proprio ego; si tenta di affermare un canone ritenuto appropriato, spesso legato ai valori trasmessi (consciamente e non) dagli adulti e allo stile di vita. Per esempio, una ragazza abbiente con abiti firmati sarà più incline nell’attaccare la coetanea con una famiglia di origini umili.

 

Ribellarsi è il minimo, ma in che modo? Il primo, decisivo, passo è di darsi coraggio e denunciare tutto quanto; un compito ostico perché bloccati da vergogna, sensi di colpa e temendo ulteriori ripercussioni. È importante che le persone affianco alla vittima ne riconoscano i sintomi: cambiamenti caratteriali, tristezza, crolli nel rendimento scolastico, problemi alimentari, sonno difficoltoso, chiusura sociale, perdita di interessi e rifiuto di condividere esperienze possono essere indizi rivelatori.

 

La funzione dei genitori e degli insegnanti nella lotta al bullismo psicologico

I genitori devono dare uno sguardo ai figli, senza mai farli sentire fuori posto, puntargli il dito contro o insistere eccessivamente nel momento in cui non se la sentono di confidarsi. È fondamentale che vivano il luogo familiare come un rifugio sicuro per lasciarsi andare, sentirsi amati, ricoperti di fiducia; sollecitare il ragazzo a stringere amicizie positive e costruttive, controllando l’impiego degli smartphone e dei social network, ad accrescere l’autostima, a coltivare i propri talenti e ad affermare l’io così da attenuare gli effetti del bullismo psicologico.

 

Le istituzioni scolastiche hanno invece il dovere etico e morale di agire sul gruppo al fine di promuovere i giusti comportamenti, lasciare intendere che la diversità non è un difetto, ma un punto di forza, abbattere i pregiudizi sul genere femminile e stimolare la collaborazione. Sostenere umanamente la possibile vittima può dare una grossa spinta ad apprezzarsi per come si è e a sviluppare capacità relazionali.

 

Il bullismo psicologico va stigmatizzato in ogni forma, qualunque esse siano le cause della discriminazione, lanciando i corretti messaggi a casa ma anche a scuola, ambito in cui avviene la formazione della personalità.

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